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L’area deputata
all’esercizio marziale nella tradizione Giapponese è denominata Dojo道場,ovvero "luogo dove si segue la Via",
intendendo con questo termine oltre ad un luogo fisico, anche una zona permeata
di sacralità, dove i praticanti si trovano ad esprimere le proprie energie al
conseguimento della maestria nella loro arte e al superamento della stessa.
Tale luogo deve necessariamente avere una configurazione ed
una struttura atta a svelare il proprio significato spirituale se vuole
meritare l’antico appellativo Buddhista di Dojo.
Molti praticanti di arti marziali hanno dimenticato la
sacralità del luogo che li accoglie.
Sappiamo tutti che all’interno del Dojo va praticato il
silenzio e forme di rispetto le cui regole confluiscono nel campo più ampio
dell’etichetta, ma certamente non è solo l’osservanza a tali norme che
definisce un luogo "sacro".
Intendiamo proprio affermare che un Dojo deve avere una
conformazione architettonica che lo rende, al pari di un tempio, chiaro nei
suoi disegni spirituali.
Deve cioè esprimere nella sua struttura l’organizzazione
stessa dell’Universo.
In contrapposizione all’uomo Occidentale, che vede nel Sud,
dimora della massima luce solare, l’espressione del Divino ( Egizi, Incas ed
altre culture ),
L’Orientale, invece, ascrive al Nord, dimora della notte, il massimo della valenza spirituale.
L’Orientale, invece, ascrive al Nord, dimora della notte, il massimo della valenza spirituale.

Egli considera la luce solare un evento esteriore della Natura.
Afferma che l’oscurità della notte va rischiarata dalla luce
interiore e divina.
Questa premessa è necessaria affinchè si comprenda
l’assegnazione degli spazi all’interno di un Dojo.
In relazione a ciò che è stato detto appare chiaro che una
sala con le sue quattro pareti avrà un orientamento in base ai quattro punti
cardinali e che il Nord sarà il lato superiore Kamiza ed il Sud, il lato
inferiore Shimoza , da un punto di vista squisitamente spirituale.
KAMIZA 上座 è il lato superiore posto a Nord, privo di finestre, che non riceve la luce solare, ma è illuminato dalla presenza dei Kami o Divino.
KAMIZA 上座 è il lato superiore posto a Nord, privo di finestre, che non riceve la luce solare, ma è illuminato dalla presenza dei Kami o Divino.
Da qui scaturisce l’insegnamento.

E’ qui che si siede il Maestro, che è l’unico a dare le spalle allo Shinden 寝殿 (altare) che nei Dojo di Aikido accoglie una calligrafia o la foto di O Sensei.
Sempre dal lato del Kamiza vi è il Tokonoma 床の間 (spazio sopraelevato).
Si comprende che il Maestro rappresenta il punto di
unificazione tra O Sensei, in quanto incarnazione della Via, e gli allievi,
posti non solo lontano, ma al lato opposto del Centro spirituale, ma in grado
di poter vedere la luce che da essa emana.
SHIMOZA, la parete Sud, è il lato inferiore dove si siedono gli allievi.
E’ da qui che essi accedono al Dojo attraverso un ingresso da
cui può entrare la luce solare (esteriore), che avranno alle spalle, mentre il
loro sguardo sarà rivolto di fronte alla luce interiore del Kamiza.

Gli allievi Anziani o Sempai 先輩 siedono più vicini alla parete Est o Joseki, dove, per altro, prendono posto gli assistenti.
E’ da Est che sorge il sole, quasi a voler significare che
gli assistenti e i gradi avanzati sono illuminati per primi rispetto ai gradi
più bassi o Kohai 後輩 , che invece sono più vicini alla
parete Ovest o Shimoseki al tramonto.
Sono ancora all’oscuro
della luce della Via.
E’ singolare che
l’ingresso del Maestro nella sala è posto sulla parete Ovest in modo che il
Maestro dia le spalle al tramonto e di conseguenza all’oscuro.
E’ implicito che il Maestro essendo più avanti nella Via è
anche quello più vicino al centro spirituale, rappresentato dallo Shinden.
Tatami
L’Aikido si pratica su materassine o tatami (2 x 1 metro),
una volta costruite in paglia di riso.
I tatami devono essere
posizionati in un ordine preciso al fine di disegnare figure simboliche, che
ricordano ai praticanti l’ordine che regola l’Universo
. Essi vanno posizionati in quadrati affiancati.
Ogni quadrato deve
constare di otto tatami allineati due a due in senso verticale e orizzontale
.
Si viene così a creare
un simbolo molto conosciuto nella tradizione orientale e che sta a significare
la rotazione intorno ad un polo.
E’ chiara la relazione
con le leggi dell’Universo.
D’altro canto in
rapporto alla concezione degli opposti e complementari, ormai nota ai più, e
cioè alla coppia Yin e Yang che, insieme, formano l’unità (tao) si possono
considerare passivi o negativi (yin) i tatami orizzontali e attivi o positivi
(yang) quelli verticali.
Anche qui risulta
chiaro il significato intrinseco del simbolo e della forza di tale dipolo.
Viene dato un senso del movimento a strutture fisse che è il
movimento in natura degli accadimenti (giorno/notte etc).
Gli allievi di un Dojo, secondo la tradizione più pura
inoltre, dovrebbero non soffermarsi mai sulle linee di separazione dei tatami,
perseguendo essi l’unità, ma camminare secondo linee parallele alle pareti
stesse.
Per ogni praticante
degno di tale nome il Dojo assume, dunque, una valenza differente.
E’ un luogo da curare, rispettare, pulire e purificare, perché espressione dello spirito di coloro che lo frequentano. La conoscenza della sacralità del luogo spingerà gli allievi al giusto atteggiamento per l’acquisizione della propria arte e dei suoi valori spirituali.
Il Dojo non è una palestra, deve risplendere del lavoro degli adepti.
E’ la nostra seconda casa, quella spirituale, in cui si entra lasciando fuori egoismo, preoccupazioni, competizione e gli affanni quotidiani.
Ubicazione:
Napoli, Italia
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